DIO DI ILLUSIONI – DONNA TARTT

Torna a grande richiesta (*vecchie afone che intonano Osanna senza l’ausilio della chitarra in chiesa*) la rubrica ”Shitty Review”, pensata per non aiutarvi a decidere se comprare o meno il libro tal dei tali. 
Per scoprire l’interessante (EHHH) genesi di questa rubrica sbomballante clicca qui.

***
96396814_675598969908518_8652792413334536192_n”Ecco, mi accingo a criticare Donna Tartt, la mia lapidazione è forse vicina ma francamente me ne infischio. La narrazione è più lenta di una tartaruga in hangover, più incartata del leggendario motorino scassato di mio zio Dgianni (la d è muta) che per avviarlo e arrivare a destinazione in tempo bisognava uscì da casa il giorno prima. 
Parole pompose per spiegare concetti stupidi, probabilmente per renderli incomprensibili a noi miseri mortali impegnati nella lettura; personaggi non simpatici, non antipatici, assolutamente neutri, troppo fastidiosi e saccenti per ritrovarsi tutti nella stessa storia. Sto libro c’ha 622 pagine ma se poteva risolve tutto in 62, che forse erano pure troppe. 
Però…

M’ha preso. Come quando m’intrippo a guardare i video dei pinguini in marcia su Youtube alle 3 di mattina, o me pijo na scuffia per il mezzo cesso di turno.
Ho letto tutto sto mattone senza provare il bisogno di spaccarmelo in testa e l’ho consumato leggendolo tra una pausa e l’altra, persino mentre la gente mi pestava i piedi in metro. Ottimo come strumento di difesa personale, volendo, visto il peso specifico di 8 kg circa”.

Donna Tartt ha un nome che mi fa ride perché mi ricorda le tartine, e poi Donna boh, è come chiamare un cane Cane o un gatto Gatto (e sticazzi della colazione da Tiffany, rimane un nome demmerda e privo di qualsivoglia originalità). Perché non esiste il corrispettivo maschile del nome Donna?
Famo così, se mai c’avrò un gatto lo chiamo Uomo, e il mio prossimo fidanzato Cane.

Così l’equilibrio nella Forza verrà  finalmente ripristinato. 

GUNS AKIMBO

Harry Potter è una pippa a sparare

ga

Appena finito il film ero curiosa di sapere come lo giudicasse l’internet, e sebbene la maggior parte dei siti di recensioni l’abbia promosso non sono mancate critiche alla trama e alle scene d’azione, accusate di non essere ‘niente di nuovo’.

E grazie al cazzo, padre posso dire GRAZIE AL CAZZO?(semicit): siamo nel 2020, l’unica differenza può farla la regia, o gli attori a cui viene sempre più spesso accollata la gravosa pratica di risollevare il ‘già visto’ compensando storie banali o abusate con il loro carisma o la loro figaggine. Guns Akimbo si regge sugli attori, principalmente, sull’incalzare delle battute e stupidità e violenza e sparatorie, il tutto per un fine ultimo: intrattenere.

Nessuna menata sulla morale, sulla demonizzazione di internet che è un posto brutto e pieno di cazzoni dove la violenza sconfina sempre più dallo schermo di tv e pc per invadere le nostre vite, al punto che un pazzoide può permettersi di far sfidare altri pazzoidi in un gioco online chiamato Skizm finché uno accoppa l’altro e nessuno dice niente, anzi, i numeri di views e mi piace schizzano alle stelle: una logica perversa che conosciamo bene, no?
Infatti, nulla di nuovo. 

Sto film si basa sull’azione e principalmente sulla telecamera che appena iniziano a sparare gira a 360 gradi come le palle il lunedì mattina. Anche su denti e dita che saltano, sangue che schizza ovunque, sparatorie varie ed eventuali ma insomma, il succo è che due stronzi devono uccidersi a vicenda, mica dedicarsi le frasi dei Baci Perugina mentre si fanno i grattini. Uno degli stronzi è Daniel Radcliffe -proprio lui, Harry Potter- nei panni di Miles, un nerdone sfigato ancora invaghito della ex, con indosso un paio di ciavatte che sicuramente vendono da Tiger e trolla i troll su internet per sentirsi meno stronzo, dato che nella vita reale il capo lo bullizza e il suo lavoro da programmatore di videogame si limita a un giochino per cerebrolesi con protagonista Scrat tarocco. 

La banda di supercattivi gli imbocca a casa dopo aver letto i commenti da leoncino da tastiera e gli attacca due pistole alle mani con l’ordine di uccidere Nix, ”campionessa” in carica di Skizm e pazza in culo, che pare una versione scolorita di Harley Quinn. 
Insomma, per gran parte del film vediamo Nix che cerca di uccidere Miles e quest’ultimo che prova a pisciare e mandare sms e aprire porte e scappare e guidare e mangiare e scaccolarsi mentre ha due pistole attaccate alle mani coi bulloni, fin quando finally inizia a sparare pure lui per salvare la sua ex dalle grinfie del supercattivo.

nix
Harley Quinn dopo un candeggio

Stasera ero alla ricerca di un film che mi distraesse da un prepotente rodimento di culo e Guns Akimbo ci è riuscito. L’ho trovato incalzante, scemo al punto giusto e pure figo, anche perché al film stesso non frega una fava di impegnarsi; d’altronde se a uno je cuciono due pistole sulle mani che t’aspetti, apparte le sparatorie?
Se spara na cifra, quindi direi che l’obiettivo è centrato. 

VOTO: 7 pieno 

GUNS AKIMBO TRAILER 

MI NONNO

Oggi mi nonno avrebbe compiuto 101 anni: per fortuna se n’è andato prima che gli si cascassero le palle e ci giocasse a bocce

Mi nonno era n’tipo ottimista: gli ultimi anni della vita sua l’ha passati a sperà de morì, pure se c’aveva na salute de fero e non s’ammalava mai. Ogni tanto se scapicollava sulle scale o sui gradini pe strada ma se raccoglieva da solo, e quando mi madre (su figlia) je raccomandava de sta più attento e de chiamà se serviva qualcosa quello manco la stava a sentì.

Mi nonno era n’tirchio e io ho preso da lui perché so una de quelle che vole sempre riciclà le cose e piagne quando deve comprà qualcosa che non sta in offerta. Na volta era il mio compleanno e me ricordo che c’avevo un cassetto nella scrivania dove tenevo i soldi; mi nonno m’è venuto a fa gli auguri in cameretta e ha tirato fuori na banconota da cinquanta euri, peccato che il cassetto stava aperto e s’è fatto da solo il resto de trenta.

Mi nonno era talmente braccino corto che a Natale se vinceva a tombola (e vinceva sempre lui, perché era sculato) faceva finta de niente pur d’agguattarsi la vincita. A mi nonno je piaceva magnà e beve vino, pure se non se ‘mbriacava mai. Je piaceva la musica classica e c’ha provato a farme diventà na musicista, solo che io al massimo ero brava a sonà il flauto cor naso.

Na volta m’ha pungicato n’ape sul piede e mentre piagnevo lui m’ha detto che non dovevo esse io a piagne ma la famija dell’ape, perché l’avevo acciaccata e l’avevo fatta morì. Mi nonno scoreggiava ai quattro venti e faceva finta che la cosa non lo riguardava e a Capodanno cacava il cazzo perché voleva sentì il concerto su Raiuno e guai se volava na mosca.

Mi nonno era il tipo de vecchio che voglio diventà pur’io, uno che non se vergogna de gnente e pensa solo a magnà e a tenerse stretto i soldi, che quando è morto ai nipoti (me compresa) ha lasciato na collezione de francobolli e de monete che nun valeva na cippa, pure se quando era vivo ci diceva sempre che valevano na fortuna. Mi nonno me manca, certe volte, solo che poi penso che s’era rotto le palle de vive e quindi so contenta pe lui, perché almeno mo pò magna e scoreggià quanto je pare in Purgatorio (in Paradiso non ce lo vedo, in effetti era mpochetto stronzo).

Tanti auguri nò, se fossi ancora qui suonerei l’Inno alla Gioia con flauto solo pe te (cor naso, ovvio).