JACKIE

”Voglio che vedano cos’hanno fatto a John”

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Non sono una grande fan dei biopic e questo in particolare, sebbene forse non lo sia proprio al 100%, presenta un taglio documentaristico molto accentuato: un genere che può piacere o meno e che a me, per esempio, non piace. Ho voluto vedere Jackie principalmente per l’interpretazione della Portman e infatti ci ho trovato solo quella.
Ma, d’altronde, di certo 
non mi aspetto colpi di scena da una storia già scritta.

Nelle prime scene troviamo Jackie impegnata in un’intervista qualche anno dopo la morte di Kennedy in cui racconta i giorni immediatamente successivi, dall’assassinio in auto ai funerali e l’attenzione mediatica che si è lasciata riversare addosso con fiera ostinazione.
Così torniamo indietro per ripercorrere attraverso la sua stessa testimonianza la tragedia che Jackie ha vissuto in prima persona cercando la forza dentro di sé piuttosto che negli altri, dimostrandosi una donna minuta e fragile solo all’apparenza ma dalla scorza dura, fiera come una leonessa ferita.
Il ritratto che ne fa la Portman, specie nei momenti più intimi e difficili, rispecchia la tempra di una donna che ha cercato di tenere insieme il cranio del marito con le mani e si è voluta mostrare al mondo col vestito sporco di sangue, affinché tutti sapessero cosa fosse successo.

 Jackie è stata sempre ammirata per il suo contegno e la ferrea volontà di accompagnare Kennedy fino alla fine mostrandosi per quello che era, ovvero una moglie e una madre chiamata a far fronte al dolore per la scomparsa di due figli prima e del marito poi.
Una donna che avrebbe potuto considerarsi privilegiata dalla sua condizione sociale ma a cui il destino non ha voluto risparmiare una enorme mole di sofferenza, oltretutto obbligandola a nascondere il suo dolore al cospetto di mezzo mondo che puntava lo sguardo su di lei, sulle sue scelte, sul suo futuro in bilico.

Una nota di merito innegabile va sicuramente ai costumi e agli splendidi abiti di Jackie, un’icona di stile senza tempo. Una nota di demerito, invece, va al contorno che ruota attorno a lei passando praticamente inosservato. Il dramma traspare nitido e incisivo soltanto grazie agli occhioni umidi della Portman, ai suoi sguardi combattivi, alla fragilità che trapela nonostante i toni fermi e la valanga di sigarette che si porta alla bocca, l’atteggiamento di sfida con cui porta a termine l’intervista.
Attorno a lei si muovono marionette senza spessore ma d’altronde l’intento del film è puntare i riflettori su Jackie mentre tutto il resto si limita a essere raccontato per quello che è, ovvero una sequela di eventi noti su cui non c’è bisogno di insistere in maniera morbosa.

Il lavoro attoriale della Portman è stato senza dubbio accurato ma un po’ sopravvalutato per i miei gusti, a tratti persino forzato
Credo però che il film in generale abbia qualcosa che non va, come se non si capisca quale debba esserne il senso più profondo se non quello, appunto, di raccontare una Jackie Kennedy che non leva e non aggiunge niente alla figura che già conosciamo.
Ma se così fosse sarebbe stato senza dubbio meglio un documentario molto più breve e con molti meno fronzoli.

JACKIE TRAILER ITA

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